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Cervello e macchine calcolatrici - matrobriva



Short description of this text:Un interessante articolo pubblicato su La Scienza illustrata di Settembre 1950 e trascritto per it.comp.retrocomputing da Filippo Zamengo
This document is released under the Public Domain license
671 visite.Upload date:2011-12-23 Original date:1950-09-01

CERVELLO E MACCHINE CALCOLATRICI

Il numero più grande che avvia un significato fisico è, forse, 102.783.000, e cioè l'unità seguita da 2.783.000 zeri. Esso fu calcolato più di trenta anni fa da un neurologo e rappresenta il numero di collegamenti fra le cellule nervose o neuroni in un cervello che contenga un milione di tali unità collegate a due a due. Ma il numero è lontano dall'indicare la enorme complessità del sistema nervoso umano; il numero di connessioni da neurone a neurone è molto più grande nel cervello umano che contiene ben dieci miliardi di cellule nervose e non soltanto un milione...

Sotto: Una vista completa del pannello della nuova macchina calcolatrice elettrica costruita dalla Thomas Houston.

Tutto ciò che noi facciamo o pensiamo è dovuto a tali connessioni. Ogni determinato riflesso, ed ogni modo di condursi, involgono l'uso di vie ben definite che portano i segnali nervosi dei nostri organi sensori al cervello e da questo ai muscoli che agiscono in obbedienza al messaggio che ad essi viene trasmesso.

Per aiutare il nostro cervello abbiamo inventato i congegni calcolatori, macchine addizionatrici, analizzatori differenziali, apparecchi registratori, classificatori e molte altre macchine specializzate per i vari compiti.

Ma non è ancora abbastanza. Molti fatti, generalmente sotto forma di numeri, si accumulano troppo rapidamente per le macchine calcolatrici che abbiamo avuto finora; e ciò accade nel campo scientifico, in quello della statistica, della economia, ecc.

Molte risposte sono addirittura sepolte sotto questa massa di numeri e si rendono accessibili solo a patto di eseguire i calcoli. Per esempio vi sono equazioni matematiche per prevedere con molta esattezza le condizioni meteorologiche con una settimana o con un mese di anticipo (il limite attuale è di 3 o 4 giorni al massimo); le varie stazioni meteorologiche americane inviano 600.000 osservazioni al giorno all'ufficio Meteorologico Centrale di Washington, e usando quelle equazioni e quei numeri nelle migliori macchine calcolatrici ora disponibili, occorrerebbe più di un anno per «predire» che tempo farà fra una settimana!...

 

 

 

 

Nella pagina di fronte: Una parte delle apparecchiature che costituiscono una moderna macchina calcolatrice elettronica. Qui sopra: Gli elementi dei problemi da risolvere e le istruzioni, tradotte in apposito codice, vengono introdotte dagli operatori. A destra: Uno dei molti pannelli di valvole termojoniche che costituiscono una calcolatrice elettronica.

Ma nuove calcolatrici, già costruite o in corso di sviluppo saranno capaci di darci le stesse previsioni entro un solo giorno; esse potranno anche risolvere problemi della stessa complessità relativi all'energia atomica, a progetti di aeroplani, alle statistiche economiche e scientifiche, alle assicurazioni e così via.

Queste macchine calcolatrici sono state chiamate «cervelli meccanici»: definizione già esistente molto prima che acquistasse un così preciso significato.

Essa fu coniata circa 25 anni fa dai giornalisti, quando le calcolatrici più progredite erano un insieme di congegni meccanici di alberi, di ruote dentate e di leve la cui rassomiglianza con il cervello era davvero pochina! Ma il termine ebbe fortuna, ed oggi esso ha molto più senso di prima.

Ricorrendo ai mezzi elettronici al posto di quelli meccanici, nella risoluzione delle funzioni matematiche, gli scienziati hanno inconsciamente imitato varie caratteristiche strutturali del sistema nervoso.

Come risultato essi hanno superato i giornalisti nel loro confronto immaginoso, poiché spesso è difficile dire se essi parlano di cervelli o di macchine.

Durante la guerra è sorto in America il primo vivaio di macchine elettroniche, la Eniac (Electronic numerical integrator and computer); esse hanno migliaia di valvole elettroniche, come quelle usate negli ordinari apparecchi radio, che eseguono i calcoli. Una valvola lavora molto più rapidamente di un pallottoliere o di un congegno meccanico. Le sue invisibili «parti mobili» sono elettroni la cui inerzia è estremamente piccola ed è possibile regolare il loro flusso mediante impulsi elettrici così da ottenere aperture o chiusure di circuiti in un milionesimo di secondo.

L'Eniac usa la cifra da 0 a 9 per eseguire i suoi calcoli, ma il sistema decimale – basato sul fatto che le nostre mani hanno dieci dita – fu inventato molto tempo prima della nostra epoca e non rappresenta il sistema più logico per le valvole elettroniche.

Le valvole, infatti, sono delle macchine calcolatrici che hanno due «due dita»; esse agiscono come relè o come interruttori  e possono quindi assumere una delle due posizioni: «chiuso» o «aperto».

Pertanto possono fornire molto migliori risultati in un sistema che si serva di due sole cifre: 0 e 1.

 

A sinistra: I pannelli di controllo permettono di leggere i risultati delle operazioni che vengono compiute da sistemi a coppie in maniera che vi sia il controllo reciproco. Sotto: Parte di una calcolatrice elettrica costruita dalla Thoms-Houston per il calcolo rapido delle variazioni nelle caratteristiche delle reti elettriche, ma che serve anche per la risoluzione di qualsiasi problema di matematica superiore i cui termini possono essere espressi in equivalenti elettronici.

Così, per es.: il numero 23 nel sistema metrico viene analizzato nel senso che contiene due decine e tre unità; lo stesso numero nel sistema binario diventa 10.111 (un sedici, niente otto, un quattro, un due e un uno); nelle notazioni del sistema binario 1, 2, 3 e 4 diventano 1, 10, 11 e 100 rispettivamente. Molte delle nuove calcolatrici elettroniche usano questo sistema.

Per calcolare con le macchine, i matematici preparano delle liste di numeri e delle dettagliate istruzioni in cui specificano come i numeri stessi devono essere usati e in quale ordine.

Queste informazioni vengono tradotte in un codice speciale su cartoncini in cui vengono punzonate delle sagome formate da fori, oppure su bobine di fili o di nastri su cui vengono magnetizzati dei punti. Dei dispositivi elettrici di lettura decifrano i messaggi in codice e li trasmettono agli organi «della memoria». Quando questi sono stati riempiti, la calcolatrice è pronta a partire al premere di un bottone per eseguire tutti i calcoli necessari alla risoluzione di un problema senza ulteriore intervento umano.

 

Uno dei dispositivi più usati per «la memoria» è il cosiddetto serbatoio acustico o ritardatore a mercurio: è un tubo somigliante un po' ad una lampada fluorescente, pieno di mercurio. Gli impulsi di corrente a bassa tensione modulati secondo le istruzioni e i numeri, entrano da una estremità del tubo e sono inviati in un cristallo, il trasmettitore, che si dilata o si contrae rapidamente quando viene stimolato elettricamente.

Le oscillazioni provocano la formazione di «onde» o «increspature» nella colonna di mercurio, che viaggiano verso l'altra estremità del tubo e battono contro l'altro cristallo, il ricevitore, che produce gli stessi impulsi elettrici del segnale originale. Questi impulsi sono quindi inviati di nuovo al cristallo trasmettitore e il ciclo potrebbe continuare indefinitamente conservando, così, nella «memoria» i segnali del codice elettrico introdotti.

Questo tipo di «memoria» può contenere una considerevole quantità di informazioni; un singolo tubo lungo 45 centimetri può contenere l'equivalente di circa 33 numeri a dieci cifre ognuno dei quali può essere «richiamato» dalla macchina in una frazione di secondo.

Le calcolatrici non possono formulare ipotesi  o dirci come fare gli apparecchi per controllarle. Esse risolvono dei problemi che noi impostiamo. Se il pensiero è ristretto alla formulazione di nuove idee o alla ideazione di nuovi congegni, la macchina non può competere con l'intelletto umano.

Ma se riteniamo che sia «pensiero» anche l'applicazione di regole aritmetiche o la risoluzione, per es., di complesse equazioni statistiche, allora anche la macchina «pensa» nel senso vero della parola.

Le calcolatrici, dunque, somigliano al cervello o, secondo Norbert Wiener dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts ed altri, il cervello somiglia alle macchine calcolatrici.

La superficie dell'emisfero cerebrale è coperto di un sottile strato grigio di miliardi di neuroni; questa è la corteccia cerebrale, la parte più sviluppata del sistema nervoso umano. Ogni neurone è una cellula destinata a produrre impulsi elettrici. Esso consiste di un corpo cellulare che ha due specie di fibre: dendriti, che prendono gli impulsi da altre cellule nervose e neuriti che trasmettono i segnali lungo la catena di neuroni.

In una prima approssimazione un neurone può essere considerato come una valvola termojonica che, quando riceve il segnale elettrico, o trasmette l'impulso o rimane completamente inattivo; nel caso del cervello le istruzioni ed i numeri vengono dall'esterno attraverso gli occhi e gli altri organi del senso; le sensazioni vengono trasformate in impulsi elettrici e trasmesse al cervello che le elabora.

Tutte le sensazioni, buio, splendore, dolore, odore, ecc., vengono trasformate o meglio tradotte in numeri. I neuroni nel cervello calcolano sulla base di tali numeri e, come le valvole elettroniche a cui sono stati paragonati, applicano il sistema binario piuttosto che quello decimale. I risultati servono a dar forma alle nostre azioni ed alle nostre idee.

 

I dottori Warren S. Mc. Culloch della Scuola Medica dell'Illinois e Walter Pitts dell'Istituto di Tecnologia del Massachusetts hanno studiato parecchi dei processi cerebrali confrontabili a quelli delle calcolatrici elettroniche.

Quando voi andate dal buio ad una camera molto illuminata, le pupille dei vostri occhi immediatamente si contraggono riducendo il loro diametro proporzionalmente all'aumento della luminosità.

La semplice presenza di questi riflessi implica l'esistenza di circuiti calcolatori sul sistema nervoso. Il riflesso pupillare indica che il cervello può misurare la quantità di luce che possiede un campione dell'illuminazione desiderabile; esso «sa» esattamente di quanti centesimi di millimetro ciascuna pupilla deve contrarsi o dilatarsi per ogni variazione di luce.

L'apparato visivo del cervello ha altri «controlli automatici del volume». Se volete esaminare un oggetto in un suo dettaglio, il cervello centra l'immagine su una particolare parte della retina, la fovea, una piccola macchia giallognola specializzata per il suo alto potere separatore. Per controllare questo riflesso, il cervello deve contenere un circuito che può distinguere la posizione della fovea da altre posizioni sulla retina. Il circuito è stato trovato nella parte posteriore del cervello medio dove le posizioni della retina sono registrate usando una specie di grafico o sistema di coordinate come la scacchiera delle strade di una città che permette di una città che permette di localizzare gli indirizzi degli abitanti.

Il cervello medio ha un reticolato che definisce ogni posizione sulla retina con due numeri; così la posizione della fovea ha le sue coordinate, anch'esse costituite da due numeri e il cervello calcola le differenze tra ciascuno di questi e quelli che definiscono la posizione presente dell'immagine.

Degli impulsi elettrici codificati, rappresentanti queste differenze, vengono inviati ai muscoli degli occhi che si muovono fino a ridurre a zero le differenze stesse; in altre parole fino a che l'immagine risulta centrata sulla fovea.

Questo processo presuppone l'uso di ciò che in matematica è noto come doppia integrazione.

Fortunatamente tale operazione viene eseguita istintivamente e celermente, poiché saremmo paralizzati senza speranza ove dovessimo provvedere prima ad eseguire i calcoli per i nostri riflessi!

Una ipotesi sul meccanismo della memoria umana la fa consistere di neuroni disposti in cerchi nei quali circolano i segnali che vengono così «conservati» prima di essere usati.

Il neurone A trasmette al neurone B, questo al neurone C e così di seguito, nel circuito chiuso fino a che l'impulso ritorna alla prima cellula, e il ciclo ricomincia. Questo processo è analogo a quello che ha luogo nel tubo a mercurio e che costituisce la «memoria» delle macchine calcolatrici. Una analogia ancora più impressionante è costituita dal fatto che cervello e macchina calcolatrice usano essenzialmente lo stesso metodo per assicurare la precisione dei propri calcoli.

Unnuovo dispositivo, il Binac Binary Automatic Computer o calcolatore binario automatico, può eseguire circa 3 milioni 600.000 moltiplicazioni all'ora e comprende un eliminatore degli errori. Il Binac consiste di due complessi, di 700 valvole ciascuno, che risolvono lo stesso problema in parallelo. Ogni passo è controllato, così, due volte e, se i due complessi arrivano a risultati differenti, il Binac si ferma automaticamente fino a che la valvola difettosa non venga sostituita o una connessione staccata non venga saldata. La probabilità che tutti e due i complessi commettano lo stesso errore nello stesso istante è estremamente piccola.

Il cervello applica la stessa tecnica per rendere minimo il rischio dell'illusione. E' importante che ciò che noi vediamo rappresenti un oggetto reale o il suo intorno e l'occhio è destinato ad assicurarci di ciò che realmente accade.

La retina nel fondo dell'occhio contiene 100 milioni di cellule che rispondono chimicamente quando la luce le colpisce. Ci sono, però, soltanto 1.000.0000 di fibre nervose che uniscono la retina al cervello. In altri termini, in media, 100 cellule sensibili alla luce sono connesse con ogni fibra e la risposta di una sola di esse non è sufficiente per farci percepire una macchia di luce. In una frazione di secondo ne deve essere investito un gran numero prima che la fibra trasmetta un segnale-luce ai centri alti del cervello. Questo è il livello sensoriale. Ma il processo viene ripetuto incessantemente attraverso il cervello e il sistema nervoso. L'informazione che entra nei nostri occhi, negli orecchi e negli altri organi dei sensi, è continuamente incanalata in vie nervose e viene controllata tante volte che un oggetto e la sua interpretazione raramente differiscono abbastanza da farci sbagliare. Queste vie forniscono la sicurezza al cervello contro gli accidenti e la tarda età così come contro le illusioni.

Il confronto fra cervello e calcolatrici elettroniche è passato dal campo giornalistico a quello biologico e fornisce uno degli esempi più impressionanti del potere delle analogie nel pensiero scientifico. Gli sforzi dell'uomo per comprendere sé stesso e l'universo sono segnati da una lunga successione di analogie, ciascuna delle quali resiste un certo tempo e viene poi sostituita da un'altra che risponde meglio alla luce delle conoscenze nel frattempo acquisite.

Il sistema nervoso è enormemente più complesso di qualsiasi circuito elettronico e molti biologhi sono già furibondi per la tendenza che c'è di sostituire la frase «il cervello somiglia ad una calcolatrice elettronica» con l'altra: «il cervello è una calcolatrice elettronica».

La prima frase è un analogo, la seconda una metafora; e le metafore non fanno la scienza. La parola «simile»  in un analogo scientifico deve essere intesa nel suo senso lato; il cervello non è una macchina calcolatrice come non fu un centralino telefonico; ma ciò non toglie che possano riuscire utili alla scienza altre analogie quando la biologia avrà ulteriormente progredito.